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ARS

Settantacinque anni fa lo Statuto speciale per la Sicilia

lo Statuto regionale renderebbe di fatto la Sicilia un piccolo stato, ma che si è dimostrato colpevolmente incapace nel suo agire

Esattamente settantacinque anni fa, il 15 maggio 1946, Re Umberto II apponeva la sua firma sul provvedimento (R.D. lgs 15 maggio 1946, n. 455) di concessione dello Statuto speciale siciliano.

La Sicilia diventava una regione autonoma suggellando il lungo percorso storico principiato con la stagione risorgimentale e che sin dal medioevo trovava la sua ragione d’essere nella Guerra del Vespro (1282). Quindi alla luce della complessità culturale dell’Isola e per il possesso dei requisiti propri di una nazione, l’appellativo di “Regione Siciliana” in luogo di quello di “Regione Sicilia” come per tutte le altre realtà della penisola.

Dal punto di vista giuridico, lo Statuto, antesignano nel suo genere, precede la Costituzione (1948), che, unitamente a quattro altre regioni riconosce alla Sicilia “forme e condizioni particolari di autonomia, secondo i rispettivi statuti speciali adottati con legge costituzionale”(116 cost.).

 

 

Uno dei più antichi parlamenti del mondo, operativo sin dall’epoca normanna, e che nel 1848 per mani del marchese Fardella di Torrearsa offriva la corona di Sicilia a Ferdinando di Savoia duca di Genova, veniva nel 1947 ad assumere le attuali funzioni col nome di Assemblea Regionale Siciliana (ARS), riunendo altresì nella Sala d’Ercole di Palazzo dei Normanni di Palermo – riconosciuto come il più antico complesso reale d’Europa – i suoi 90 membri eletti (70 con legge costituzionale n.2 del 2013). Per quanto concerne la presidenza della regione essa ha invece dimora nel settecentesco Palazzo d’Orleans, già di proprietà del re di Francia Luigi Filippo e dei suoi discendenti fino al 1940, quando fu venduto al governo italiano ed in seguito alla Regione siciliana.

Sulla scorta di determinate peculiarità lo Statuto regionale rende di fatto la Sicilia un piccolo stato, capace a certe condizioni di siglare accordi di natura internazionale, forte anche del diritto di poter trattenere l’importante gettito erariale dell’Irpef e dell’Iva ed ancora i canoni relativi alle industrie operanti sull’Isola e con sede fuori dal territorio siciliano.

Attraversando la prima, la seconda e ormai anche la terza repubblica, la gestione fallimentare della cosa pubblica da parte di una classe politica spesso accusata di incapacità nell’ affrontare le sfide dei tempi si intreccia con la più ampia riflessione sull’utilità delle regioni quali centri di spesa assai dispendiosi ed a tratti inutili nell’ambito del rapporto centro-periferia, tali da incidere nel dibattito sull’attualità dello Statuto speciale, dividendo coloro che vorrebbero abolirlo in quanto paravento di incomprensibili privilegi da quelli che invece vorrebbero difenderlo contro i soprusi del potere centrale.

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