Quando si parla di Messina sono in molti a pensare immediatamente a terremoti o ponti sullo stretto promessi dall’una o l’altra figura politica. Sono in pochi a conoscere tutti i retroscena misteriosi della città che, nel suo territorio e nel suo circondario, nasconde monumenti naturali misteriosi, laghi tossici e simboli massonici.
Il mostro di Capo Peloro
Quando pensiamo ad un mostro lacustre è naturale riportare alla mente Nessie, il mostro del lago Loch Ness nascosto tra le highlands scozzesi. Nessie con il tempo è diventato un vero e proprio oggetto di cultura popolare, tanto da comparire anche all’interno delle attività dei siti scommesse inglesi Non AAMS.
Messina non ha Nessie ma ha un mito che racconta la storia di un misterioso abitante di Capo Peloro, promontorio poco fuori la città, che si dice sia stato la casa della Dea Pelorias. La ninfa delle acque, conosciuta anche come signora delle paludi, si dice abitasse all’interno del terzo lago di Ganzirri, un acquitrino presente nella punta nord della città di Messina.
Tale acquitrino ha sempre portato con sé, da più di tre millenni, una lugubre fama: la capacità di ingoiare qualsiasi cosa ci venisse immerso. Tra le prime testimonianze greche ed il 1800 le testimonianze andavano scarseggiando fino a quando, nel 1783, con un terremoto il lago tornò all’aria aperta portando con sé la sua acqua malsana.
Con il passare degli anni la situazione divenne talmente insostenibile da costringere il dominio Borbonico a bonificare definitivamente l’acquitrino, cosa che però non ha fatto del tutto scomparire la presenza del mostro.
Grazie all’avanzamento tecnologico solo recentemente si è venuti a conoscenza della presenza, nelle acque dei laghi adiacenti, di un particolare batterio chiamato Desulfovibrio Desulfuricans. Tale batterio ha la capacità di produrre, digerendo zolfo, anidride solforosa: una molecola particolarmente ostile alla vita di chi consuma ossigeno. A questo batterio si devono le morie di pesci e, in passato, le morie di esseri umani che intossicati dal gas finivano per rimanere incastrati tra le acque limacciose dello specchio.
Messina e Massoni: non soltanto un gioco di parole