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Monica Vitti e la terra che aveva tanto amato: la Sicilia

A lei piaceva guardare il porto con la Madonnina. Il papà Angelo faceva l’ispettore di Commercio estero ed era stato trasferito da Roma a Messina.

La “sette vistini” con due città natali, Roma e Messina

Monica Vitti, attrice bellissima di straordinario genio del cinema, pochi giorni fa ha lasciato per sempre i suoi ammiratori.

Anche gli spettatori del festival di Sanremo per la scomparsa dell’attrice italiana sono rimasti attoniti ed hanno perpetuato il loro affetto con un amorevole applauso. Il suo vero nome era Maria Luisa Ceciarelli, in arte Monica Vitti.

È stata tra le maggiori figure altisonanti della cinematografia italiana. La sua data di nascita, il 3 novembre del 1931, la colloca in un periodo storico peculiare. Fu considerata la “musa ispiratrice” del regista Michelangelo Antonioni. Vitale e accattivante per il suo dinamismo, spiccava per voler essere sempre al centro dell’attenzione.

Molti i films per i quali ha ricevuto premi come migliore attrice. Nel 1995 ricevette il Leone d’oro alla carriera. È stata insignita da 3 Nastri d’argento e 5 David Donatello. Da alcuni anni si era ritirata dalla vita pubblica per motivi di salute. Nella sua lunga malattia degenerativa è stata attorniata dall’affetto dal marito Roberto Russo, regista cinamatografico. Giovanissima si era fatta notare, vuoi per quella sua voce unica, graffiata, sia per l’intuito artistico. Lollobrigida, Loren erano le grandi star dell’epoca, dunque era difficile la competizione. Maria Luisa a diciotto anni, si era iscritta all’Accademia d’arte drammatica, diplomandosi a pieni voti nel 1953. A teatro aveva interpretato “La Mandragola” di Machiavelli, “L’avaro” di Molière con Tofano. Il suo esordio nel ‘56 al cinema con il film “Ridere, ridere, ridere”. Importante l’incontro con Michelangelo Antonioni, di cui diventa compagna di vita. Con” L’avventura” aveva avuto il suo primo riconoscimento ufficiale. In seguito Antonioni dirige la Vitti in “La notte”, “L’eclisse” e “Deserto rosso”. Attrice poliedrica e diva internazionale ha avuto una particolare inclinazione per la commedia. È stata definita attrice “brillante” del cinema italiano degli anni ’60 e ’70. Eccelse nel film “Alta infedeltà”, diretto da Luciano Salce. Nel 1965 “Le bambole” di Dino Risi. Poi “ Ti ho sposata per allegria” sempre di Luciano Salce. Con “La ragazza con la pistola” di Mario Monicelli si aggiudica nel 1968 il Premio San Sebastian, come migliore attrice protagonista. Nel 1969 “Amore mio aiutami”, primo film con Alberto Sordi. Fu protagonista di “Dramma della gelosia”. “Tutti i particolari in cronaca” di Ettore Scola accanto a due illustri attori, Marcello Mastroianni e Giancarlo Giannini. Protagonista di “Polvere di stelle”, commedia cinematografica diretta e interpretata dal grande Alberto Sordi. La coppia Sordi-Vitti acclamata dal grande pubblico, confermata nel film “Io so che tu sai che io so”. Sentimentalmente unita a Carlo Di Palma, direttore della fotografia, che poi la diresse in “Teresa la ladra e Mimì Bluette… fiore del mio giardino”.

Per il teatro è stata accanto a Rossella Falk in “La strana coppia”, per la regia di Franca Valeri. Attrice numero uno delle commedie brillanti all’italiana, ha vinto il Globo d’oro come attrice e regista. Fu Sergio Tofano, dopo che si era diplomata all’Accademia d’arte drammatica di Roma, che le consigliò il nome d’arte Monica Vitti. È stata anche una brava doppiatrice. Tra gli attori che le hanno offerto il confronto, i più bravi, Tognazzi, Vittorio Gassman, Nino Manfredi, colonne della commedia brillante, a fianco ai quali non fu da meno. Si rammentano le apparizioni in tv, con Raffaella Carrà e Mina in Milleluci e poi con De Filippo.

Nel 1993 pubblicò la sua autobiografia “Sette sottane”.
Da questo titolo ha inizio l’amore in ricordo della sua amata Sicilia.

Da bambina, trasferitasi a Messina, veniva chiamata “sette vistini“, sette sottane, in dialetto siciliano.

Veniva vestita a strati, poiché sentiva sempre freddo. “Sette vistini” è il nomignolo che l’ha sempre accompagnata per tutta la vita.
Da Messina non voleva andarsene, neanche quando lo decise il padre. Si era affezionata alle amiche e ad un bambino che le piaceva, così come l’odore, la visuale e il profumo del mare di Messina. La casa della città dello Stretto, nella quale la sua famiglia si era trasferita, si trovava nei pressi dell’Orto Botanico di Via Tommaso Cannizzaro.

A lei piaceva guardare il porto con la Madonnina. Il papà Angelo faceva l’ispettore di Commercio estero ed era stato trasferito da Roma a Messina. Qui l’attrice aveva frequentato l’asilo dalle suore di Santa Brigida e poi le elementari, presso le suore di Sant’Anna nella Via 24 Maggio a Messina. La sua casa siciliana era grande, con un lungo corridoio che la attraversava. Raccontava che fu condotta all’età di dieci mesi. In inverno, non essendoci in casa riscaldamenti, si copriva con maglie, sottane, vestitini. Davanti agli ospiti mostrava le sue sottane, nonostante i rimproveri della mamma. Dei Messinesi la piccola Monica aveva assorbito la spontaneità, la generosità, l’altruismo, lo sguardo penetrante nel pensiero senza parole e l’attaccamento alla terra.

Sotto i bombardamenti iniziò a giocare a fare l’attrice.

Lì in cantina, con i suoi due fratelli maggiori, Franco e Giorgio, nascevano le prime commedie teatrali animate da burattini. Dai ricordi d’infanzia l’amore per l’amata città del mare, negli otto anni mai dimenticati. Ricordiamo le sue presenze nell’isola, infatti a 22 anni, recitò nel coro dell’Ifigenia in “Aulide” di Euripide al Teatro Greco di Palazzolo Acreide. Nel 1960 “L’Avventura”, girato tra le isole Eolie, Taormina e Noto. Aveva girato films a Taormina, Capo S. Alessio, Tindari, Panarea, Milazzo, e sul viale San Martino, via principale di Messina.

 

Per le sue molteplici interpretazioni, Monica Vitti, considerata ragazza ribelle, è esempio di modernità per le donne. Soleva affermare che non le piaceva partire, perché per lei era come trasferirsi.

Lo stesso dolore che provò a Messina, in quella terrazza, dove guardava il mare e suo padre le aveva imposto per motivi legati alla guerra per sicurezza di trasferirsi altrove.

Ecco perché come tanti emigrati aveva un solo desiderio: quello di ritornare nella terra che da bambina aveva tanto amato, la Sicilia.




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