Nel giorno di Pasqua, riproponiamo il messaggio dell’Arcivescovo di Messina, Lipari e Santa Lucia del Mela, Giovanni Accolla.
Carissimi fratelli e sorelle dell’Arcidiocesi di Messina – Lipari – Santa Lucia del Mela,
ci apprestiamo a celebrare la Pasqua, festa del riscatto da ogni schiavitù e peccato, con l’animo turbato dalla pandemia, ancora non del tutto debellata, e dalle tristi notizie di guerra che quotidianamente ci giungono dalla vicina Ucraina: uno scenario che genera incertezze e turba la pace interiore.
Tutto ciò, però, non può soffocare la speranza cristiana di chi confida nell’amore misericordioso del Padre, di chi confida in Dio “Padre Giusto” che ascolta la preghiera del povero: “La preghiera del povero attraversa le nubi né di quieta finché non sia arrivata; non desiste finché l’Altissimo non sia intervenuto a abbia reso soddisfazione ai giusti e ristabilito l’equità (Sir 35, 21-22).
Non bisogna mai smettere di pregare, da giusti, il Padre Giusto.
Oggi, e in particolar modo in questa Settimana Santa, siamo invitati a invocare l’intercessione dell’amore misericordioso di Dio per tutti coloro che sono nel dolore: gli ammalati, i migranti e tutti quei fratelli che assistono o sono vittime delle guerre,di tutte le guerre, non solo di quella che vede coinvolta l’Ucraina, ma anche delle altre, e sono numerose, che sconvolgono molti paesi del sud del mondo.
Siamo chiamati a rendere grazie al Signore per tutti gli “operatori di pace” che, con le loro scelte, le loro azioni e con le loro opere di misericordia corporale e spirituale sono “icone credibili” e “annunciatori autentici” del Vangelo.
“Pregare significa soprattutto aderire alla volontà di Dio: entrare nella logica del Vangelo, che è logica di povertà, logica di accoglienza, logica di servizio, logica di abbandono, logica di fiducia, logica di festa, logica di speranza (Don Tonino Bello, 365 finestre sull’Eterno, ELLEDICI, Leumann TO,114).
Coltivare la speranza non significa abbandonarsi alla rassegnazione. Sperare contro ogni speranza è l’atto di fede più bello: significa credere alla fedeltà dell’amore di Dio che non abbandona nessuno dei suoi figli, ma che ci rende totalmente partecipi del mistero della Risurrezione di Gesù, chiamandoci a vivere di Lui e in Lui. Mi piace richiamare, con gioia, quanto ho augurato in occasione del Santo Natale riportando una frase di Charles Pèguy: “La fede che mi piace di più è la speranza”.
“Chi spera, cammina: non fugge. S’incarna nella storia, non si aliena. Costruisce il futuro, non lo attende soltanto. Ha la grinta del lottatore, non la rassegnazione di chi disarma. Ha la passione del veggente, non l’aria avvilita di chi si lascia andare. Cambia la storia, non la subisce. Ricerca la solidarietà con gli altri viandanti, non la gloria del navigatore solitario. Chi spera è sempre uno che “ha buoni motivi”, anche se i suoi progetti portano sempre incorporato un alto tasso di timore” (Don Tonino Bello, ibid, 129).